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Indagare la mente per un design funzionale

Decidere costa fatica. Anche il solo pensare. Non sempre disponiamo di voglia ed energie per impegnarci a ragionare durante un processo decisionale e, di conseguenza, usiamo delle scorciatoie per arrivare ad una risposta: questi procedimenti, intuitivi e veloci, che utilizziamo quotidianamente, si chiamano euristiche.

Dal greco heurìstikein (trovare, scoprire), le euristiche sono regole dai vari livelli di complessità, attraverso le quali cerchiamo di interpretare il mondo. Possiamo meglio definirle come delle strategie per elaborare e rappresentare cognitivamente ciò che ognuno di noi incontra nella propria esperienza quotidiana. Se applicate in un contesto o in un modo non adeguato le euristiche possono farci commettere alcuni errori sistematici: i bias. Questi sono delle euristiche inefficaci, assunte prima di aver sviluppato la giusta esperienza per poter semplificare i passaggi logici.

Bias e comunicazione

Psicologia e Design hanno un grande punto di incontro, talvolta sottovalutato. La conoscenza di euristiche e bias, come di altri fra i nostri processi cognitivi, ci consente di poter attuare una progettazione grafica volta a valorizzare gli elementi su cui desideriamo i clienti si concentrino. Di conseguenza, la quantità e la tipologia delle informazioni sarà ponderata, così come saranno scelte con maggior criterio le modalità di esposizione.

Andiamo, per esempio, ad analizzare un bias estremamente diffuso: l’effetto Forer. Con effetto Forer si intende la tendenza degli individui a identificarsi in descrizioni generiche che potrebbero applicarsi dunque a chiunque. Questo effetto si incentra sulla suggestione e l’immedesimazione: si fa credere al soggetto che un determinato profilo sia stato cucito addosso alla sua persona; ciò scatena un processo di convinzione nella mente, tale per cui si crede effettivamente di corrispondere a quel profilo quando nella realtà dei fatti lo stesso è generico ed indeterminato.

The Forer effect

Nel 1948, lo psicologo Bertram R. Forer chiese ai suoi studenti di compilare un questionario standardizzato da lui sviluppato per cercare di descrivere in maniera sintetica e oggettiva il carattere di una persona. Trascorso il tempo necessario per esaminare i questionari, Forer consegnò ad ogni studente una busta contenente un profilo caratteriale in tredici punti, chiedendo di esprimere con un punteggio da zero a cinque quanto buona fosse la descrizione. Il risultato fu quello che il professore si aspettava: quasi tutti gli studenti avevano dato un punteggio alto, quattro o cinque (il punteggio medio risultò essere 4.26), mentre nessuno aveva dato zero o uno. Il punto fondamentale è che i profili caratteristici “personalizzati” erano tutti uguali.

Ecco alcune delle affermazioni inserite nel profilo-test: • Hai una tendenza ad essere critico nei confronti di te stesso. • Hai molte capacità inutilizzate che non hai volto a tuo vantaggio. • Pur avendo alcune debolezze nel carattere, sei generalmente in grado di porvi rimedio. • Disciplinato e controllato all’esterno, tendi ad essere preoccupato ed insicuro dentro di te. • A volte dubiti seriamente di aver preso la giusta decisione o di aver fatto la cosa giusta. • Ti vanti di essere indipendente nelle tue idee e di non accettare le opinioni degli altri senza una prova che ti soddisfi. • Hai scoperto che è imprudente essere troppo sinceri nel rivelarsi agli altri. • A volte sei estroverso, affabile, socievole, mentre altre volte sei introverso, diffidente e riservato.

La conoscenza di questo bias cognitivo fornisce nuovi metodi per trasmettere le informazioni, in Comunicazione come nella vita, e per guadagnare maggior fiducia.

Infine un consiglio: siate positivi! Le affermazioni positive sono sempre più accettabili di una critica.

Cristina Zanetti

articolo pubblicato il 2022-03-15 12:23:17

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